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Con il termine Digital transformation o Innovation o Reinvention si indica un insieme di cambiamenti prevalentemente tecnologici, culturali, organizzativi, sociali, creativi e manageriali che consentono di ridisegnare l’offerta del proprio business per renderla più competitiva e più aderente alle aspettative del proprio mercato grazie alle tecnologie digitali.

Agendo in maniera organica e combinata su questi elementi la “trasformazione” va oltre la semplice adozione di nuove tecnologie e permette di erogare servizi, fornire beni, far vivere esperienze, trovare, elaborare e rendere accessibili grandi quantità di contenuti indipendentemente dalla reale disponibilità di risorse (umane, materiali, intellettuali ed economiche, etc.), creando pervasivamente nuove connessioni tra persone, luoghi e cose.

Il processo di trasformazione è causato dallo sviluppo di nuove tecnologie, ma non si limita alla loro adozione, esso integra e coinvolge tutto l’ecosistema toccato dal processo, incentivando la trasparenza, la condivisione e l’inclusione di tutti i partecipanti.

Grazie a questo nuovo approccio il destinatario finale del valore creato (che può essere sia il cliente che un dipendete della stessa azienda), è di fatto al centro dello sviluppo, se non addirittura partecipe dello stesso, ottenendo così un accesso effettivo, efficace e consapevole al servizio stesso, sia esso costituito da beni materiali, immateriali o dati.

Un tema troppo sottovalutato in Italia, che secondo il rapporto OCSE “Digital Economy Outlook 2015”, fotografa un Paese dove la diffusione delle tecnologie digitali risulta ancora fortemente limitata. Considerando la percentuale di popolazione avente accesso ad internet, l’Italia si posiziona 33° su 36 Paesi (solo Colombia, Turchia e Messico riescono a vantare dati peggiori). Poche le aziende attive nel settore digitale e ancor meno quelle che sfruttano l’information and communication technology (“ITC”) PER AUMENTARE LA REDDITIVITÀ DEL PROPRIO BUSINESS: ad oggi, per esempio, solo il 5,1% delle PMI beneficia dei vantaggi dell’e-commerce ed il nostro Paese si classifica 32° su 36 in termini di diffusione del commercio on-line. È, quindi, indispensabile un’inversione di tendenza.

La crisi economica e la scarsa produttività del sistema paese spingono verso un cambiamento delle logiche con cui i manager dirigono le aziende, tuttavia e purtroppo, ed è una cosa che mi fa arrabbiare molto, più che una scelta consapevole, appare più come una necessità costrittiva, a questo bisogna aggiungere che nella classifica europea che mappa le digital skills della forza lavoro siamo purtroppo nelle ultime posizioni, appena prima di Grecia e Romania. Secondo l’Istat, infatti, l’89,2% di imprese fino a 50 addetti ha un livello di digitalizzazione “basso” o “molto basso”.
Ma di quali competenze digitali abbiamo bisogno? Mobile, digitalizzazione di flussi e processi, business analytics, IoT, Cloud computing, evoluzioni Web e pagamenti elettronici stanno rivoluzionando il modo di lavorare, ma le aziende e i lavoratori sono soltanto parzialmente preparati a questi nuovi compiti.

I gap di competenze più elevati sono legati in generale all’innovazione, alla progettazione di applicazioni, al marketing digitale e al supporto al cambiamento. Nel 55% dei casi si tratta di carenza sul mercato dei profili richiesti, ma in buona parte (44% dei casi) il gap è dovuto anche al mismatch tra percorsi formativi e necessità d’impresa. E se per il recruiting si punta sempre di più al Web e ai social network, per creare le competenze ci si affida, invece, al training on the job (87% delle aziende) e ai percorsi formativi in azienda (82%). Una debacle per il sistema formativo pubblico di base, ritenuto spesso insufficiente a creare lavoratori realmente preparati.

Un’indagine della Bocconi condotta nel 2015 evidenziava che gli investimenti delle aziende italiane si sarebbero concentrati verso:

1. Sviluppo di Analytic Skill e di Decision Making capability.
Oltre ai BI Tools più tradizionali (necessari per gestire e ricercare i dati interni ed esterni), cresce l’interesse verso i sistemi di advance analytics e marketing cloud (marketing automation, web recommendations, sensor-grid sources, etc.) che attivano un’azione immediata e inducono ad un’azione i possibili clienti (una campagna promozionale, un contenuto personalizzato, un intervento di assistenza tecnica, etc.) sono considerate sensibilmente più rilevanti rispetto alle applicazioni di planning, budgeting e consolidamento finanziario (più tradizionali) e rispetto, infine, alle predictive and scenario simulation analytics (forse più faticose da capire, implementare e misurarne i ritorni).

2. Miglioramento dei processi operativi, collaborativi e di comunicazione interna alle aziende.
I risultati della ricerca evidenziano una relativa maggiore importanza dei knowledge e content sharing, dei sistemi di integrated communication e collaboration e dei sistemi di automazione dei processi operativi aziendali (sistemi di gestione della produzione, della logistica, dei magazzini, etc.).
Seguono i sistemi che sono in grado di semplificare il modello operativo dell’azienda (inteso come grado di integrazione e standardizzazione dei processi operativi core nella catena del valore), quali i sistemi Erp o i sistemi verticali specializzati in cloud, interfacciati con i sistemi gestionali aziendali, e i sistemi di integrazione della supply chain con fornitori e distributori (sistemi di scambio elettronico di fatture, ordini, di documenti di trasporto, etc.).

3. Miglioramento delle performance aziendali (economico-finanziarie, compliance, reputation e Csr).
La relazione della Digital Transformation con le performance economico-finanziarie è certamente più evidente, pur non potendo dimostrare quale sarà il senso della relazione, cioè se la Digital Transformation è adottata dalle imprese con le migliori performance oppure se la Digital Transformation contribuirà al miglioramento delle performance stesse. Il contributo della Digital Transformation al valore del Brand e alla reputation aziendali si collega certamente all’immagine più hightech dell’impresa digitale, spesso riconosciuta sui mercati quando mostra modalità innovative nel raggiungere e servire i clienti e far percepire loro un maggior valore del sistema di offerta dell’azienda (per esempio maggiore trust, maggiore personalizzazione, migliore customer experience).

4. Maggiori capacità dell’impresa di raggiungere (con la omnicanalità) e di soddisfare (con una migliore customer experience) i propri clienti attuali e potenziali.
Nonostante si presenti al 4° posto come area di beneficio e di impatto della Digital Transformation, i nuovi concetti di Integrated Multichannel Customer Management sono tra gli obiettivi collegati al processo di digitalizzazione delle imprese, e dove è anche più facile dimostrare il ritorno quantitativo degli investimenti in tecnologie digitali (insieme all’area dell’automazione dei processi operativi). A seguire c’è il maggior orientamento alla gestione dei clienti ovvero i sistemi di Crm (tipico e tradizionale obiettivo in termini di maggior integrazione dei processi di vendita, di marketing e di customer service). La capacità di raggiungere nuovi segmenti di clientela risiede sia nella capacità preliminare di saperli individuare, sia nelle capacità di integrare in modo “naturale e trasparente” canali offline e online, web e social, mobili e fissi.

5. Innovare i prodotti e servizi dell’azienda e creare nuovi modelli di business.
Questa area di beneficio e di impatto della Digital Transformation si presenta in 5° posizione, e tuttavia è interessante osservare una sensibile maggior attenzione ai primi due aspetti indagati, cioè la rivitalizzazione dei prodotti e dei servizi esistenti (per esempio il gaming online che ha rivitalizzato il settore dei giochi elettronici, o l’home banking nei servizi bancari o la spesa online nel retail alimentare o i servizi di customizzazione online dei capi di abbigliamento nel fashion) e il lancio di nuovi prodotti e servizi (per esempio i servizi di informazione in tempo reale sul traffico, o i servizi di controllo in tempo reale di un volo aereo o di un treno in viaggio su web o app o i prodotti tablet per bambini o i servizi di car o bike sharing con app specializzate).

Una recente ricerca di Forrester, a livello mondiale, dimostra come le aziende che vogliono rimanere competitive sul mercato necessitano di reperire nuove competenze.

L’accesso al talento e la capacità di assumere le persone giuste al momento giusto diventerà un grande elemento di differenziazione competitiva.

Ma come dovrebbe effettivamente essere un’azienda che mira ad una trasformazione digitale?

Questa è la domanda principale nella mente di un gran numero di aziende oggi, come accelerare l’adattamento alla rapida evoluzione dei mercati digitali è ormai non solo un requisito per crescere oggi, ma sempre più spesso è un requisito obbligato per sopravvivere.

Non è un tentativo di fare allarmismo, ma un’evidenza che dimostra come le aziende che non si stiano attrezzando oggi siano destinate ad un lento, ma permanente declino.

La Digital Transformation deve essere il primo pensiero delle persone che rappresentano il C-level delle aziende, ignorare questo punto, significa la fine.

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Questi passi sono il punto di partenza della strategia.

NUOVE PROSPETTIVE

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Società come Facebook e Samsung si spingono molto avanti, e ovviamente fanno bene, ma rimanendo con i piedi per terra, le tendenze che guideranno il reale valore di business che già oggi si possono utilizzare, saranno: Social, Cloud, Mobile, e Big Data. La convergenza di queste tecnologie creeranno reali opportunità.

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Le 10 priorità per la Digital Transformation nel 2016. Nella Top 5 c’è il focus sui cui devono convergere i vostri sforzi nel breve/medio periodo. I successivi 5 sono ancora in via di sviluppo avranno bisogno di un paio d’anni ancora per entrare nel vivo, ma devono far parte della strategia digitale di medio/lungo periodo.

1. Customer Experience

Il legame tra brand e consumatori: questo deve essere il focus di tutte le aziende.

Analizzare con precisione la Customer Journey deve rappresentare l’obiettivo centrale.

Sapere chi sono i clienti, cosa fanno, quali sono i punti di contatto a maggior valore è fondamentale non solo per l’acquisizione di nuovi lead o prospect, ma anche per indirizzare le attività di retention, CRM e supporto post-vendita. Oggi, infatti, il consumatore (che sia un cliente acquisito o potenziale) si aspetta che l’azienda sia in grado di fornire un’esperienza coerente e fortemente personalizzata, creando una relazione 1:1.

Ma che cos’è la Customer Journey?
Essa rappresenta un’evoluzione del funnel di marketing tradizionale: dall’acquisizione alla conversione, si tratta di analizzare il percorso dei consumatori, la loro esperienza di acquisto ad ogni livello di interazione.
Per questo lavoro di analisi, i team di marketing hanno finalmente accesso ai dati e agli strumenti tecnici in grado di farli interagire con i clienti, mettendo il cliente al centro di tutto ciò che viene realizzato.

I marketer si devono impegnare a sfruttare la potenza di questi strumenti, sfruttando i diversi punti di contatto e le intuizioni per creare percorsi altamente personalizzati che deliziano i clienti rendendo il marketing veramente impressionante, ed efficace.

Quattro modi per approcciarsi alla Customer Journey:

  1. Collegarsi ai clienti attraverso canali e punti di contatto multipli
  2. Integrare i diversi touchpoints ad una coerente Customer Journey
  3. Estendere la Customer Journey in tutta l’azienda
  4. Conoscere i propri clienti come mai prima

L’analisi dei dati e della Customer Journey può aiutare a definire valide strategie di marketing che portano al successo delle campagne e del business.
Avere una visione unica e un punto centrale in cui convergono tutti i dati dei clienti è un fattore chiave per fissare la strategia, specialmente in un ambiente multi-canale.

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2. Culture & Leadership

Secondo una ricerca dell’Osservatorio HR innovation practice della School of management del Politecnico di Milano pubblicata l’anno scorso.

La “Digital Transformation” sta investendo tutti i settori, anche quelli tradizionali o lontani dal mondo della tecnologia, costringendo a ripensare velocemente modelli di business e processi aziendali. Per questo oggi le aziende italiane sono alla ricerca di “Digital Capabilities”, nuove professionalità e competenze in grado di interpretare al meglio le nuove opportunità e condurre il cambiamento. Nel 2015 le organizzazioni inseriranno a questo scopo, in particolare profili di, eCRM & Profiling Manager (17%), Digital Marketing Manager (14%) e Chief Innovation Officer (14%), non senza difficoltà a reperirli all’interno della popolazione aziendale o sul mercato. Tra tutti i digital job, il più introvabile è il Chief Digital Officer (per il 44% delle aziende), seguito dal Chief Innovation Officer e dal Data Scientist. Ma per guidare l’azienda verso la trasformazione digitale le organizzazioni sono chiamate anche a ripensare in chiave digitale le tradizionali soft skill, le capacità relazionali e comportamentali che consentono di utilizzare il digitale per migliorare produttività e qualità delle attività svolte.

Per la sua pervasività, la Digital Transformation non è più soltanto una questione tecnologica o di visione strategica, ma una sfida che coinvolge tutto il capitale umano. Impone di sviluppare in ogni area aziendale nuove competenze e professionalità in grado di interpretare al meglio le nuove opportunità e guidare il cambiamento, Data Scientist, Social media manager, ecommerce manager, digital Strategist sono solo alcune delle nuove professionalità, sempre più richieste in ogni settore e al tempo stesso ancora ambigue e difficili da formare internamente e reperire sul mercato del lavoro.

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3. Content Strategy

Cultura e contenuti sono sempre stati, indissolubilmente legati. Proprio come la nostra comprensione delle culture passate e presenti dipendono da risultati tangibili e sono espressioni di quelle culture.

La domanda di contenuti cresce con una strategia, risorse adeguate e forse ancora più importante, con una cultura del contenuto. Questo imperativo impone la valutazione delle “storie” in entrata e in uscita della stessa azienda.

Definizione di una cultura del contenuto

Oggi si può dare una definizione generale di cultura, intendendola come un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi e comportamenti che caratterizzano un gruppo umano particolare; un’eredità storica che nel suo insieme definisce i rapporti all’interno di quel gruppo sociale e quelli con il mondo esterno.

Una cultura del contenuto esiste quando l’importanza dei contenuti è evangelizzata nell’azienda, il contenuto è condiviso e reso accessibile, la creazione e la creatività sono incoraggiati e il contenuto scorre a monte e a valle, così come tra le varie divisioni. Una strategia di contenuto è formalizzata, ma non immutabile, è il framework su cui basare la cultura.

“Una cultura di contenuto è il motore per una strategia content di successo.”

In una cultura di contenuti, ci sono quattro elementi primari:

Ispirazione: La mentalità, l’impulso all’azione, visione, creatività, riconoscimento del rischio e la volontà di riuscire.
Persone: C-Suite, Head of, business unit, collaborazioni esterne e singoli dipendenti.
Processo: I componenti e flussi di lavoro che semplificano e scalano la cultura del contenuto: l’evangelizzazione, la governance, l’istruzione e la formazione, e la tecnologia.
Contenuto: L’output e l’input per una cultura del contenuto.

In definitiva, una cultura dei contenuti aiuta i brand a cristallizzare il messaggio, a creare un’identità di marca, aiuta i clienti ad identificarsi nel brand e alla fine, ad abbracciarlo.

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4. Digital Ecosystem

C’è uno scollamento fra la volontà di trasformazione digitale e risultati. Infatti, delle aziende che hanno avviato la trasformazione nel 2015, solo il 36% aveva un piano. Questo succede perché le tre aree classiche su cui si fondano le aziende che sono Marketing, Sales e Service agiscono in autonomia, e tutti hanno in genere diverse piattaforme, dati, contenuti e metriche. Io credo che le persone che fanno parte del livello C-Suite hanno bisogno di essere in sincronia l’uno con l’altro. Perché la trasformazione digitale è essenzialmente un problema di persone e in questo l’HR manager gioca un ruolo strategico ed essenziale per il successo della trasformazione digitale, poiché deve trovare i talenti giusti e inserirli nel giusto livello di leadership.

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5. Social, SEM e SEO

Questa priorità è un po’ diversa, ma soprattutto perché semplifica in tanti modi la sfida della trasformazione digitale. La spesa pubblicitaria sui social è raddoppiata negli ultimi due anni con canali come Facebook, Twitter, Snapchat, Istagram, Pinterest, Google+, Youtube, Tumblr, Whatsapp, LinkedIn etc. e diventano sempre più efficaci nel fornire copertura e frequenza. Insieme ai più classici keyword advertising e SEO sono al centro della trasformazione digitale. Ma tutto deve essere integrato per fornire una coerente strategia di comunicazione che favorisca la customer journey.

Dall’inizio

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Caso concreto

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Customer journey per e-commerce

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