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Dopo la pausa estiva torna la rubrica di Paolo Serra per DailyNet dedicata al programmatic: Paolommatic. Nell’articolo Serra parlerà di fingerprinting e di come questo nuovo tool sostituirà i cookies.

Per leggere l’ultima puntata estiva di Paolommatic, clicca qui

Paolo Serra

Appassionato di nuove sfide per far crescere le imprese, con l’obiettivo di contribuire ad aumentarne i ricavi. Si dedica al search engine marketing dal 1999, lavorando con le principali agenzie internazionali. In seguito, allarga le conoscenze al mondo del Programmatic Advertising, diventandone uno dei maggiori esperti italiani, tanto da aver aperto il sito Programmatic RTB, punto di riferimento per gli addetti ai lavori. Oggi Paolo Serra torna su DailyNet dopo la pausa estiva.

Il lungo addio ai cookies: il fingerprinting

Articolo a cura di Paolo Serra
Paolo Serra
Paolo Serra

Il marketing e gli inserzionisti oggi sono un po’ come gli investigatori – sempre sulle tracce di un potenziale cliente. Ma il loro lavoro non è facile. Oggi è sempre più difficile che mai tenere traccia degli utenti e connettersi con loro in modo personale, a causa soprattutto della continua trasformazione degli standard tecnologici dei dispositivi nonché del prepotente emergere dei sistemi di blocco della pubblicità. Una possibile soluzione è il fingerprinting, un modo innovativo per il marketing e gli inserzionisti di tenere il passo con i tanti dispositivi con cui i clienti possono interagire con i brand.

Come funziona il fingerprinting?

Proprio come un investigatore segue la pista delle prove per trovare le informazioni, nel fingerprinting si tracciano e analizzano le informazioni lasciate dai device degli utenti in modo da formare un identificatore generale. Poiché molti utenti diversi possono accedere allo stesso dispositivo, vedi una famiglia con il pc di casa, ognuno di questi sarà configurato in modo leggermente diverso, “personalizzato” in base alle preferenze individuali e le esigenze e alle proprie caratteristiche. I dati relative a queste modifiche di configurazione possono essere aggregati per creare una riconoscibile “impronta digitale da dispositivo”. Tutto questo avviene anche quando i cookie sono disattivati.

Fingerprinting attivo e passivo

Il fingerprinting si divide in attivo e passivo. Il fingerprinting passivo avviene senza evidenti interrogazione sul dispositivo. Questi metodi si basano su una precisa classificazione di fattori quali la configurazione TCP/IP del client, OS fingerprint, 802.11 (wireless), impostazioni IEEE, e altro. Il fingerprinting attivo presuppone che il dispositivo tollererà un certo grado di interrogazione invasiva. Il metodo più usato è l’installazione di codice eseguibile direttamente sulla macchina. Tale codice può avere accesso ad attributi non tipicamente disponibili con altri mezzi, come per esempio l’indirizzo MAC, o ad altri numeri di serie univoci assegnati all’hardware.

Perché utilizzare questa tecnica?

Le persone diventano sempre più connesse e svolgono sempre più azioni online, oltre a essere più inclini a usare più dispositivi per svolgere i loro compiti. E questo rende complicato per i brand riuscire a collegarsi personalmente con il loro target di pubblico. I cookie, che sono stati il pilastro della pubblicità digitale per anni, nella situazione attuale non riescono a soddisfare le esigenze di chi fa marketing. Prima di tutto, i cookie non offrono un modo affidabile per monitorare il mobile. In secondo luogo, i cookie possono essere facilmente eliminati ed è una pratica che è diventata abbastanza comune. E in terzo luogo, molti gli ad blocker utilizzano il riconoscimento dei cookie delle piattaforme di advertsing per attivare i propri sistemi, uccidendo efficacemente ogni possibilità da parte dell’inserzionista di trovare un potenziale nuovo cliente. Con la diffusione degli ad blocker, che sono destinati a crescere a doppia cifra quest’anno, questa dovrebbe essere una preoccupazione reale per ogni inserzionista che tiene in considerazione il ROI nelle proprie campagne.

L’utilità del fingerprinting

A cosa è utile questo sistema? A potenziare e rendere più preciso il programmatic ovviamente, in quanto non solo permette di identificare con maggior precisione gli utenti in ottica cross-device, ma anche a prendere tutti quegli utenti che per loro prassi, bloccano i cookie o li cancellano frequentemente o accedono tramite mobile. Ma torniamo un attimo indietro, le nostre attività quotidiane, quali siti frequentiamo, cosa cerchiamo e cosa compriamo online, dove ci informiamo, quali video guardiamo e via elencando, sono utili perché ci definiscono anzitutto come potenziali clienti. E dunque come obiettivo di campagne pubblicitarie mirate e precise. Oggi, per capire cosa piace acquistare e consultare online ci sono i cookie, che tengono traccia delle nostre sessioni web, memorizzano informazioni precise come le preferenze o ciò che abbiamo infilato nei nostri “carrelli della spesa”. Ma sempre più spesso i cookie vengono visti come qualcosa di fastidioso per gli utenti, che agiscono per limitarne le possibilità di tracciamento. Inoltre, come detto, questo fenomeno diventa sempre più significativo per gli accessi mobile, dove l’utilizzo dei browser per navigare su internet, non è l’unico mezzo utilizzabile.

Fingerprinting, un’unica soluzione per tutti i touchpoint

La tecnica del fingerprinting bypassa tutti questi problemi e consente di raccogliere e analizzare i dati degli utenti che navigano su tutti i touchpoint del brand: i siti e le app, i social network e la pubblicità online. Dall’analisi dei dati vengono creati segmenti di target specifici che si attivano nel momento dell’acquisto della pubblicità online sulle piattaforme di programmatic buying. Non solo: mentre si acquista pubblicità a target, la DMP raccoglie altre informazioni aggiuntive sugli utenti, aumentando giorno dopo giorno l’intelligence sui propri dati. Nel programmatic i vantaggi sono evidenti, ad esempio è possibile, fare del comune email marketing, e tuttavia, caricare i contenuti della email solo al momento dell’apertura della stessa, dando l’opportunità all’inserzionista di aggiornare la comunicazione in alcuni millisecondi, oppure di diversificarla a seconda del target (persona) che apre la stessa email, inviata allo stesso indirizzo.

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